Dolore negli animali e Terapia del Dolore

Dolore negli animali e Terapia del Dolore

Di cosa si tratta quando parliamo di Dolore, Dolore negli animali e Terapia del dolore?

CHE COS’E’ IL DOLORE?

La IASP (Associazione internazionale per lo studio del dolore) nel 1979 ha formulato la definizione di dolore definendolo come “un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale.”

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce il dolore come  “una sensazione spiacevole e un’esperienza emotiva dotata di un tono affettivo negativo associata a un danno tessutale potenziale o reale e, comunque, descritta in rapporto a tale danno”.

Tali definizioni mirano evidentemente a sottolineare la complessità del fenomeno dolore e, nel corso degli ultimi due anni, in seguito ai progressi della ricerca scientifica, sono state arricchite da 6 nuove annotazioni che le completano.

1.Il dolore è sempre un’esperienza personale che può essere influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali.

Questa prima precisazione sottolinea l’assoluta personalità nella percezione del dolore e non solo la soggettività. 

Questa distinzione che ad una lettura poco attenta sembra quasi irrilevante è invece fondamentale poiché definisce con chiarezza che la percezione del dolore è influenzata da molteplici fattori legati al singolo individuo e mai esattamente riproducibili in altri poiché influenzato da fattori psicologici, biologici e sociali.

2. Il dolore e la nocicezione sono due fenomeni differenti. La presenza di dolore non può essere dedotta solamente dall’attività nei neuroni sensoriali.

Questa affermazione sottolinea come un evento (un trauma per es.) che sia in grado di attivare le strutture nervose periferiche inducendo così la partenza di uno stimolo elettrico che arriverà al cervello, come un messaggero, per permettere l’attuazione dei meccanismi di difesa necessari, non è il solo responsabile della percezione del dolore. 

Il dolore non fa seguito solo a questa attività inconsapevole e automatica dell’organismo che, a volte, non risulta neanche essere necessaria, per generare il fenomeno dolore.

In alcuni casi è addirittura possibile che tale evento non esista affatto ma che il paziente percepisca ugualmente dolore.

3. Gli individui imparano il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita.

Questa affermazione, nella quale si inizia a parlare di individui senza specificarne l’appartenenza al genere umano, sottolinea quanto le esperienze di vita siano importanti, nel plasmare la capacità di percepire il dolore.

4. Il resoconto di un’esperienza di dolore dovrebbe essere rispettato indipendentemente dall’identificazione della causa.

Con questa affermazione si sottolinea che la terapia del dolore è un diritto di tutti indipendentemente dalla possibilità di identificarne cause organiche chiaramente evidenziabili.

5. Sebbene il dolore abbia solitamente un ruolo adattivo, esso può avere effetti avversi sul funzionamento e sul benessere psicosociale dell’individuo.

Questa osservazione fa riferimento a tutte quelle forme di dolore che, a differenza del dolore acuto che per sua definizione è “adattativo per eccellenza”, per le loro caratteristiche di persistenza e cronicità, hanno perso la connotazione di “adattive”.

Vedremo poi come diversi tipi di dolore non adattivo influiscono sulla sfera psico-socio-comportamentale di un individuo.

6. La descrizione verbale è solo uno dei tanti comportamenti usati per l’espressione del dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale esperisca dolore.

Questa sesta ed ultima nota apre finalmente le porte alla valutazione di tutti quegli individui fragili e per molti versi indifesi.

Fa infatti riferimento non solo ai bambini in età pediatrica e a tutte le persone non verbalizzanti ma anche agli animali che, non potendo utilizzare la parola, esprimono le loro sensazioni di dolore con modalità diverse ma, non per questo, meno importanti.

Per esempio le vocalizzazioni, le diverse mimiche facciali, le posture da evitamento, l’irrequietezza, l’ansia, l’abbattimento o l’aggressività.

 

 

QUALI E QUANTI SONO I TIPI DI DOLORE?

Il dolore viene generalmente classificato in base ad alcune caratteristiche.

Se ne valutiamo la “durata” possiamo distinguere dolore acuto e dolore cronico.

Se ne valutiamo l’origine invece possiamo distinguere un dolore nocicettivo o neuropatico.

Il dolore acuto insorge all’improvviso, ha generalmente una durata limitata e si interrompe al cessare dello stimolo algico.

Tra le caratteristiche c’è quella di essere definito adattivo poiché si comporta come un campanello d’allarme che consente, dopo averlo provato, di evitare tutte le situazioni che possano causarlo.

Segue normalmente a traumi somatici o viscerali e persiste fino alla risoluzione del trauma stesso.

Il dolore cronico invece è un dolore persistente (si definisce cronico quando persiste per più di tre mesi o se si presenta in modo ricorrente) e maladattivo e, in quanto tale, cessa di essere un sintomo e si trasforma esso stesso in malattia.

Questa forma di dolore ha ricadute spesso importanti sia sull’aspetto psicologico che sociale del paziente 

Tra le malattie ad andamento cronico che si accompagnano a questo tipo di dolore vi sono, per esempio, artrosi, dolori viscerali come quelli derivanti da alcune patologie gastroenteriche o vescicali e le patologie neoplastiche 

Il dolore nocicettivo è quello “fisiologico”, causato dall’attivazione delle terminazioni nervose somatiche (superficiali) o viscerali (profonde) a seguito di un insulto di diversa natura (termico, chimico, cotusivo).

Se superficiale (somatico) è per lo più urente, penetrante e localizzato, se invece profondo (viscerale) è più sordo o simile ad un crampo e meno facilmente localizzabile.

Il dolore neuropatico è quello che insorge in seguito ad una lesione del tessuto nervoso centrale o periferico.

E’ spesso di difficile localizzazione, non fisiologico, persistente/cronico e maladattivo e, a differenza del precedente, di difficile gestione terapeutica.

 

 

GLI ANIMALI PROVANO DOLORE?

Rispondere a questa domanda non è affatto semplice come potrebbe apparire. 

Innanzi tutto bisogna sottolineare che la capacità di percepire   dolore richiede la presenza di strutture anatomiche periferiche atte a recepire lo stimolo, trasformarlo e trasmetterlo a quelle centrali dove avviene l’elaborazione cosciente cui fa seguito la risposta comportamentale del soggetto.

Negli ultimi anni il crescente interesse e la sempre maggiore sensibilità nei confronti della valutazione del dolore negli animali hanno evidenziato come molti di essi siano dotati di strutture anatomiche deputate alla percezione e alla elaborazione del dolore quasi del tutto sovrapponibili a quelle umane.

 

ADDIO ALLE FALSE CREDENZE SUL DOLORE NEGLI ANIMALI

Questo ha consentito di sfatare molte false credenze secondo le quali gli animali avessero una soglia del dolore più alta o che addirittura non ne percepissero affatto.

Negli anni la ricerca ha permesso non solo di identificare sempre meglio le diverse modalità espressive con cui gli animali, assimilati a tutte quelle categorie non verbalizzanti come i neonati, esprimono la sensazione di dolore.

Ma ha anche evidenziato come nei cuccioli, per esempio, è possibile che la sensibilità dolorifica sia maggiore rispetto agli adulti a causa dell’incompleto sviluppo delle vie nervose inibitorie.

In secondo luogo oggi viene data grande importanza all’influenza che la sfera psico comportamentale e la relazione tra soggetto ed ambiente circostante hanno sulle diverse modalità di percezione ed espressione del dolore.

Appare dunque evidente non solo che gli animali percepiscono dolore ma anche che in molti casi è proprio quest’ultimo a complicare talune patologie e a creare gravi problemi nei soggetti che lo subiscono.

Come nell’uomo anche negli animali il sintomo dolore, quello che può essere considerato in un certo senso “fisiologico”, serve per imparare ad evitare situazioni pericolose e, in questo caso, rientra in una sfera di esperienze “utili”, mentre il dolore cronico e persistente diviene esso stesso “malattia” e come tale va riconosciuto e gestito nel più breve tempo e nel miglior modo possibile.

COME SI RICONOSCE IL DOLORE NEGLI ANIMALI?

Quando si parla di valutazione del dolore negli animali bisogna tenere in considerazione numerose variabili.

In primo luogo esistono innumerevoli specie di animali che si differenziano non solo per caratteristiche fisico/strutturali ma anche etologiche che le rendono profondamente diverse tra loro.

Per rimanere nella sfera dei Pet (una goccia d’acqua in un oceano) non è difficile comprendere come un cane e un gatto (predatori) possano manifestare il dolore diversamente da un coniglio o da un criceto (prede).

Ad una osservazione attenta non sfugge, inoltre, come i cani manifestino il dolore diversamente dai gatti o che tra cani le manifestazioni siano diverse a seconda delle singole razze.

Gli animali poi, non sono in grado di verbalizzare e questo implica la necessità di saper cogliere, riconoscere ed etichettare correttamente, considerando le connotazioni etologico costituzionali di ciascuno, tutte le manifestazioni poste in atto per esprimere il dolore.

Una preda avrà comportamenti diversi da un predatore e sarà spesso portata a dissimulare il dolore per non apparire debole e indifesa.

Negli anni la ricerca scientifica ha lavorato e sta lavorando per creare metodiche standardizzate per consentire una corretta valutazione del dolore ma la strada è ancora lunga e appare evidente come esista una variabile legata all’operatore.

Tutto questo lavoro ha portato alla redazione di diverse scale per la valutazione del dolore che, in associazione alla preparazione specifica nella materia e alla sensibilità nel percepire e identificare i sintomi, consentono al veterinario di diagnosticare prima e curare poi la “malattia dolore”.

 

QUANDO E COME SI DEVE CURARE IL DOLORE NEGLI ANIMALI?

La risposta a questa domanda è SEMPRE E CON OGNI MEZZO e bisogna aggiungere che non basta curarlo ma, quando possibile, bisogna prevenirlo. Abbiamo visto fino ad ora come il dolore si può dividere in due grandi categorie: Acuto e Cronico.

Il dolore acuto può essere scatenato da traumi come ustioni,  lacerazioni, contusioni, fratture, rotture di organi interni.

In questi casi, che richiedono per lo più un intervento di pronto soccorso, una corretta gestione del dolore fa la differenza sulla prognosi del paziente.

Il dolore da solo può infatti innescare tutta una serie di alterazioni cardio-circolatorie, neurologiche e respiratorie che potrebbero causare la morte del paziente.

L’uso di farmaci appropriati consente quindi di stabilizzare il paziente per affrontare tutte le cure necessarie a superare il  trauma.

TIPOLOGIE DI DOLORE E CURE

Questo stesso tipo di dolore si associa a tutti gli interventi chirurgici e a molte procedure diagnostiche.

In queste situazioni la prevenzione del dolore è fondamentale non solo per la buona riuscita della procedura ma anche per migliorare enormemente la prognosi.

Purtroppo ancora oggi non è scontato che in un animale anestetizzato venga utilizzato anche un protocollo analgesico e lo è ancor meno quando, per esempio, sia necessario fare un accertamento diagnostico.

CHIRURGIA, DOLORE E ANIMALI

Per quanto riguarda le chirurgie maggiori bisogna sempre tenere conto del tipo di intervento, della zona del corpo interessata (un intervento in cavità addominale è molto diverso da una chirurgia ortopedica o neurologica), del tempo stimato per la ripresa ma anche dell’indole del soggetto e delle condizioni ambientali in cui vive (è facile capire come la gestione di un cane di grossa mole magari abituato a vivere all’aperto sia diversa da quello di un piccolo cane che vive in appartamento o dalla gestione di un gatto).

DIAGNOSTICA E DOLORE negli animali

Ugualmente bisogna prendere in considerazione la presenza di dolore quando è necessario effettuare una procedura diagnostica come una lastra, per esempio, perché il soggetto può avere dolore alla manipolazione o al solo spostamento e, una buona analgesia, consente un sollievo dal dolore al paziente e favorisce il veterinario nelle manipolazioni necessarie.

La terapia del dolore acuto è paradossalmente più semplice per la presenza di molti farmaci utilizzabili e perché il paziente è in una struttura attrezzata per la sua gestione.

Quando parliamo di dolore cronico, che può riguardare pazienti di età diverse, dai cuccioli agli anziani, la situazione è più complessa e un approccio olistico e multimodale diventa fondamentale.

Si ha spesso a che fare con un dolore multiforme, quasi mai ben localizzato ma persistente per il quale la gestione farmacologica da sola può non essere sufficiente. 

 

 

 

NON SOLO TERAPIA DEL DOLORE NEGLI ANIMALI

Ad essa vanno affiancate tutte quelle terapie di supporto ed alternative come la fitoterapia, l’agopuntura, la fisioterapia, l’omeopatia e il supporto nutrizionale.

Il paziente va gestito a casa nella sua quotidianità e non solo dal veterinario, la terapia può essere necessaria per tutta la vita e va rimodulata nel corso del tempo.

In fase iniziale è necessario raccogliere tutti i dati relativi al paziente, incluse tutte le alterazioni comportamentali indotte dallo stress, e al tipo di dolore.

In seguito sarà fondamentale formulare gli obiettivi che si vogliono raggiungere e confrontarsi con la famiglia, fornendo tutte le informazioni necessarie, per attuare le migliori strategie di comune accordo.

Al termine si formula il miglior protocollo terapeutico possibile.

Questa complessa valutazione dà la possibilità al veterinario olistico di utilizzare agopuntura, omeopatia, fitoterapia e floriterapia integrandole alla terapia farmacologica, alla fisioterapia e ad una attenta strategia nutrizionale.

L’uso di un approccio integrato è basilare non solo per un miglior risultato ma anche per una maggiore possibilità di modulazione della terapia che potrà essere adattata in caso di progressione della malattia.

Si potrà così affrontare un percorso terapeutico studiato a misura del soggetto in relazione al dolore e a tutte le complicazioni che derivano dalla sua presenza e persistenza consentendo alla famiglia che se ne occupa di affrontare le difficoltà che inevitabilmente si incontrano in queste situazioni.

Non dobbiamo dimenticare che la sofferenza del nostro animale induce una importante situazione di stress anche nel proprietario che può sentirsi impotente ed inadeguato per affrontare un percorso che sembra essere senza fine e tutto in salita.

QUALI SONO LE PIU’ FREQUENTI CAUSE DI DOLORE CRONICO NEGLI ANIMALI D’AFFEZIONE?

Tra le cause più diffuse di dolore cronico negli animali d’affezione vanno ricordate:

l’osteoartrosi, le malattie neurodegenerative, le patologie oncologiche, molte patologie gastroenteriche caratterizzate da nausea, vomito, diarrea ed esofagite da reflusso, le cistiti idiopatiche e le malattie del cavo orale come gengiviti e stomatiti soprattutto nei gatti.

A queste patologie si possono aggiungere anche alcuni disturbi  metabolici che predispongono all’insorgenza di malattie infiammatorie che esitano in dolore cronico.

Quanto fin qui detto rende evidente quanto un approccio olistico ed empatico riesca a garantire non solo il miglioramento dei sintomi fisici ma anche di tutte quelle manifestazioni legate alla sfera emotiva dei nostri animali.          

Saper cogliere le loro gestualità, i loro sguardi, i loro atteggiamenti, il loro modo di porsi in un momento di difficoltà.

Comprendere il perché di molti comportamenti, valutare tutti i cambiamenti che si sono verificati nel corso del tempo.

Saper ascoltare il racconto dei familiari che ci raccontano le difficoltà insorte e che li hanno portati alla visita.

Cercare di gestire lo stress che si accompagna alla percezione del dolore sia da parte dell’animale che lo patisce, sia da parte della famiglia che lo vive di riflesso.

Questi elencati sono atti fondamentali, da associare alle valutazioni diagnostiche strumentali per poter emettere una buona diagnosi , attuare un buon piano terapeutico e migliorare il più possibile la prognosi.

 

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